Rimini: a spasso nella sua storia

La colonia latina di Rimini fu fondata nel 268 a.C. da genti provenienti da sud che occuparono il lembo di territorio racchiuso tra i fiumi Rubicone e Conca, terre abitate già dall’età della pietra. I numerosi reperti venuti alla luce nel corso degli anni ci raccontano della vita lontana di queste genti, offrendoci importanti informazioni sulla loro vita quotidiana, le armi usate per la caccia, la coltivazione della terra – ordinata e geometrica come la suddivisione stradale – il rito funebre e molto altro. Il Museo della Città – che nasce nel 1871 come Galleria Archeologica grazie allo storico Luigi Tonini – è il più ricco contenitore della memoria storica della città di Rimini.

Di notevole importanza per la sua posizione e per il suo porto, che i romani valorizzarono trasformandolo in un collegamento militare e commerciale, Rimini divenne caput viarum, il luogo da cui partivano le tre strade consolari romane: la via Flaminia (220 a.C.) che collegava Rimini con Roma, la via Emilia (187 a.C.) in direzione Milano e la via Popilia-Annia (132 a.C.) che correva lungo la costa est fino ad Aquileia. Si tratta di un’importante rete di comunicazione che pose Rimini al centro degli interessi (non solo commerciali, ma anche politici e militari) di Roma. La città continuò a crescere fino al suo periodo di massimo splendore, quando sotto Augusto diventerà città imperiale. Il nuovo piano urbano promosse importanti opere pubbliche, molte delle quali sopravvissute fino ad oggi; la città venne circondata da una nuova cinta muraria a scopo difensivo ed il maestoso Arco d’Augusto (27 d.C.) era la nuova porta di accesso alla città. Si tratta del più antico Arco augusteo conservato dell’Italia settentrionale, realizzato per onorare la politica di Ottaviano, che promosse il restauro delle strade consolari, prima fra tutte la Flaminia.

Arco d'Augusto

Arco d’Augusto

Qui arrivava la via Flaminia che entrava direttamente nell’antico foro (oggi Piazza tre martiri), il cuore della città, culturale, sociale e commerciale. Proseguendo lungo il decumano massimo (Corso d’Augusto) si arriva al Ponte di Tiberio (iniziato nel 14 d.C da Augusto e terminato nel 21 d.C. da Tiberio) punto da cui partono la Via Emilia e la via Popilia-Annia.

Ponte di Tiberio

Ponte di Tiberio

Sotto le sue maestose cinque arcate un tempo scorreva il fiume Ariminus (il fiume Marecchia, oggi deviato) da cui deriva il nome della città. Il ponte, ad oggi ancora molto utilizzato, fungeva da collegamento con il pittoresco borgo di San Giuliano dai colori pastello, dove si trova anche la chiesa di San Giuliano che contiene dei veri tesori d’arte tra cui la bellissima pala d’altare Il martirio di San Giuliano della seconda metà del ‘500 firmata da Paolo Veronese ed un sarcofago romano del III secolo contenente il corpo del Santo.

Il pittoresco borgo di San Giuliano con le sue case colorate

Il pittoresco borgo di San Giuliano con le sue case colorate

Uno dei ritrovamenti più affascinanti degli ultimi anni per la sua unicità è la Domus del chirurgo, venuta alla luce nel 1989 durante normali lavori di manutenzione cittadina.

Costruita intorno al II secolo, la domus si è preservata con i suoi preziosi oggetti e materiali proprio perché non vi furono costruzioni successive.

Pavimento musivo del Triclinium

Pavimento musivo del Triclinium

Era suddivisa al suo interno in diversi ambienti, molti dei quali decorati ad affresco e con pavimenti musivi – come il mosaico pavimentale in bianco e nero del Triclinium e il bellissimo mosaico colorato con Orfeo tra gli animali nella stanza che si ritiene fosse la stanza/studio di un medico, in quanto vennero ritrovati vasetti in vetro, mortai ed un notevole numero di strumenti chirurgici e farmacologici, il più vasto patrimonio di questo tipo al mondo. La particolarità di questa attrezzatura, incluso un rarissimo ferro che serviva per rimuovere le punte delle frecce dal corpo (il cosiddetto Cucchiaio di Diocle), suggerisce che il proprietario avesse maturato un’esperienza professionale in ambito militare. Inoltre era probabilmente di origine greca, viste le iscrizioni sui vasi delle erbe mediche rinvenute. ed il suo nome era presumibilmente Eutyches, come inciso sul muro della stanza chirurgica.

Domus del Chirurgo - pavimento musivo con Orfeo e gli animali

Domus del Chirurgo – pavimento musivo con Orfeo e gli animali

Stanza chirurgica, adiacente a quella medica

Stanza chirurgica, adiacente a quella medica

La domus fu distrutta da un incendio nel III secolo – come si evince dall’inferriata e dalle tracce di bruciato rimaste sui mosaici – e non vi furono costruzioni successive, mentre l’area adiacente alla domus tornò a nuova vita nel V secolo a seguito di importanti cambiamenti storici, quando divenne una residenza di prestigio. Ravenna fu promossa a nuova capitale dell’impero nel 402 ed il nuovo imperatore Onorio promosse una rivalorizzazione di tutta la zona circostante. Solo un secolo più tardi, durante la guerra tra Goti e Bizantini, tutta l’area verrà convertita in cimitero, come testimoniano i resti e le tombe rinvenute ben visibili.

Si tratta di una scoperta eccezionale che mette in luce le varie e continue occupazioni di quest’area in un arco di tempo piuttosto vasto, dalla Repubblica romana al Medio Evo.

Tempio Malatestiano

Tempio Malatestiano

Capolavoro del Rinascimento è invece il Tempio Malatestiano (1450) voluto da Sigismondo Malatesta, che lo fece realizzare sull’antica chiesa francescana in cui erano sepolti i suoi avi. Per l’occasione decise di circondarsi dei migliori artisti in circolazione, tra cui l’architetto Leon Battista Alberti che creò un’opera innovativa ed assolutamente moderna. L’esterno del Tempio, realizzato in marmo bianco, presenta numerosi richiami all’architettura classica romana e per la prima volta nella storia dell’architettura la forma dell’arco trionfale viene inserita sulla facciata di un edificio – questo il motivo per cui viene chiamato Tempio e non chiesa. E’ evidente, nella parte superiore, l’incompiutezza dell’opera che doveva essere ricoperta da una grande cupola, come testimoniato da una medaglia realizzata da Matteo de’ Pasti, l’architetto veronese e grande medaglista che curò il progetto albertiano. Anche il progetto dei sarcofagi monumentali venne realizzato solo lungo il fianco destro dell’edificio. La razionalità dell’esterno, teso ad esaltare la nobiltà dell’intelletto umano, non ha niente a che vedere con la ricchezza dell’interno, che si presenta ad un’unica grande navata con le cappelle ai lati, tra cui quella dedicata ad Isotta degli Atti, amante e poi sposa di Sigismondo. Per la decorazione scultorea dell’interno venne reclutato Agostino di Duccio – allievo di Donatello dal quale mutuò la tecnica dello stiacciato, notevolmente utilizzato per gli effetti decorativi. Nell’abside si trova il trecentesco Crocifisso di Giotto, dipinto quando l’artista venne chiamato a Rimini per la decorazione dell’antica chiesa francescana, mentre nella cappella di destra si trova l’affresco di Piero della Francesca – uno dei più importanti artisti rinascimentali – che rappresenta Sigismondo Pandolfo Malatesta inginocchiato davanti a San Sigismondo (1451).

Altra opera di rilievo, commissionata da un giovanissimo Sigismondo Malatesta, è Castel Sismondo – iniziato nel 1437 appena ventenne, ma già noto per la sua fama di condottiero, per il suo mecenatismo e la sua cultura. Un intero quartiere del XIII secolo venne abbattuto per la sua realizzazione. Lui stesso si promosse ad architetto del castello, che doveva essere sia una fortezza che una residenza di prestigio per accogliere ospiti illustri – passarono di qui tanti artisti, poeti, pittori e uomini di lettere provenienti da ogni parte d’Italia – ma si circondò anche di un gran numero di professionisti, come l’architetto Filippo Brunelleschi (l’iniziatore del Rinascimento fiorentino assieme a Masaccio e Donatello). Per la sua massiccia presenza il castello, oltre alla sua funzione difensiva, diventa un simbolo del suo potere. Qui, nella sua residenza creata su misura per lui, Sigismondo Pandolfo Malatesta morì il 9 ottobre 1468. Oggi il castello, dopo adeguati e tecnologici lavori di restauro, ospita principalmente eventi culturali.

Dalla Rimini romana a quella malatestiana fino ad arrivare al monumento simbolo della Rimini turistica: il Grand Hotel, costruito nel 1908 per soddisfare le esigenze di un tipo di turismo non certo di massa, ma decisamente borghese e raffinato.

Grand Hotel - archivio fotografico provincia di Rimini

Grand Hotel – archivio fotografico provincia di Rimini

Inevitabilmente legato al nome di Fellini in quanto simbolo della città turistica e soggetto di alcune scene del suo Amarcord (1973, vinse l’Oscar come migliore film straniero nel 1975), il Grand Hotel è stato dichiarato monumento nazionale.

 

Lascia un commento